Economy Is Not The Stock Market
Paying attention to economic data might be interesting for some people. For investors though, economic data should not play a role in informing investment decisions. Let's find out why
«The stock market is a forward-looking pricing machine. Economic news on the other hand is backward looking» — Ben Felix, Portfolio Manager at PWL Capital
«Canada lost one million jobs in March, 2020. What did the S&P/TSX Composite Index do on the day that Statscan released that data? It closed up 1.73% for the day. It's easy for investors to see economic news like unemployment or GDP data and get worried or excited about the impact that the data will have on their investments. But there's something that many investors don't realize. The stock market is not the economy and the economy is not the stock market. The stock market is a forward-looking pricing machine. It incorporates expectations about the future into stock prices today. Economic news on the other hand is backward looking. Telling us what has already happened and often telling us way after it has happened»
«I'm Ben Felix Portfolio Manager at PWL Capital. In this episode of Common Sense Investing I'm going to tell you why the economy should not inform your investment decisions. There have been plenty of days in recent history where historically terrible economic data announcements have been paired with historically high daily stock market returns. This is one of the reasons that market timing is hard. Understanding the relationship between economic data and stock market returns starts with the concept of market efficiency. Stock investors are investing in the right to participate in a company's future profits. In an efficient market stock prices contain information about expected future profits and the riskiness of those profits. If anticipated economic news like unemployment numbers for example, is already incorporated in the market prices, we would not expect stock markets to change when that news is released if it's released as anticipated. It is only unexpected economic events which are by their nature unpredictable that drive big short-term changes in stock prices»
This valuable article is the full transcript of a video by Ben Felix, portfolio manager at PWL Capital. Content like this helps and enhances the financial knowledge of the entire community of traders and investors within Dax Trading Ideas. The article is open to all: thank you for sharing and for your support!
Questo prezioso articolo è la trascrizione integrale del video di Ben Felix, gestore di portafoglio presso PWL Capital. Contenuti come questo aiutano e migliorano le conoscenze finanziarie dell'intera comunità di trader e investitori all’interno di Dax Trading Ideas. L’articolo è aperto a tutti: grazie per la condivisione e per il vostro supporto!
«Il mercato azionario è una macchina per la determinazione dei prezzi che guarda al futuro. Le notizie economiche, invece, sono orientate al passato» — Ben Felix, gestore di portafoglio presso PWL Capital
«Il Canada ha perso un milione di posti di lavoro nel Marzo 2020. Cosa ha fatto l'indice S&P/TSX Composito nel giorno in cui Statscan ha pubblicato questi dati? Ha chiuso in rialzo dell'1,73%. È facile che gli investitori vedano notizie economiche come i dati sulla disoccupazione o sul PIL e si preoccupino o si entusiasmino per l'impatto che i dati avranno sui loro investimenti. Ma c'è qualcosa di cui molti investitori non si rendono conto. Il mercato azionario non è l'economia e l'economia non è il mercato azionario. Il mercato azionario è una macchina per la determinazione dei prezzi orientata al futuro. Incorpora le aspettative sul futuro nei prezzi delle azioni di oggi. Le notizie economiche, invece, sono orientate all'indietro. Ci dicono cosa è già successo e spesso lo dicono molto dopo che è successo»
«Sono Ben Felix, gestore di portafoglio di PWL Capital. In questa puntata di Common Sense Investing vi spiegherò perché l'economia non dovrebbe influenzare le vostre decisioni di investimento. Nella storia recente ci sono stati molti giorni in cui gli annunci di dati economici storicamente terribili sono stati abbinati a rendimenti di borsa giornalieri storicamente elevati. Questo è uno dei motivi per cui il market timing è difficile. La comprensione della relazione tra dati economici e rendimenti del mercato azionario parte dal concetto di efficienza del mercato. Gli investitori azionari investono nel diritto di partecipare agli utili futuri di una società. In un mercato efficiente, i prezzi delle azioni contengono informazioni sui profitti futuri attesi e sulla rischiosità di tali profitti. Se le notizie economiche previste, come ad esempio i numeri della disoccupazione, sono già incorporate nei prezzi di mercato, non ci aspetteremmo che i mercati azionari cambino al momento della pubblicazione di tali notizie, se queste vengono diffuse come previsto. Sono solo gli eventi economici inattesi, per loro natura imprevedibili, a determinare grandi variazioni a breve termine nei prezzi delle azioni»
The case study of recent financial crisis
«Whether news is good or bad does not matter. What matters is whether news is better or worse than expected. A good case study might be the US stock market throughout the global financial crisis. The US stock market started to decline in October 2007 two months before the US National Bureau of Economic Research defines the economic recession as having started. NBER defines the recession as having started in December 2007 and ended in June 2009. It's important to note that these dates were not announced until December 2008 for the start of the recession, a year after it was determined to have started, and September 2010 for the end of the recession more than a year after it was determined to have ended. The dates are not determined purely quantitatively either. They're determined by the Business Cycle Dating Committee. This is a clear example of the lagging nature of economic data»
«Us unemployment had been above 9% since May 2009 and it reached a peak of 10% in October 2009. Real GDP reached its low point for the recession in the second quarter of 2009. Remember, the committee decision declaring the end of the recession did not come out until September 2010. Based on the economic data continuing to look worse through 2009 it was not obvious that things were getting better. With all of that gloomy economic data continuing to come to light, it would seem like this was a bad time to own stocks. Well, it wasn't. We know now looking back that the stock market bottomed out in February 2009 and then started on a strong rebound. Don't forget that for months after the only-known-in-hindsight stock market bottom, the economic data were only getting worse. Despite the deteriorating economic data being released the US stock market increased 56% from March through December 2009. And it continued on a historic run from there»
Il caso studio della crisi finanziaria recente
«Il fatto che le notizie siano buone o cattive non ha importanza. Ciò che conta è se le notizie sono migliori o peggiori del previsto. Un buon caso di studio potrebbe essere il mercato azionario statunitense durante la crisi finanziaria globale. Il mercato azionario iniziò a scendere nell'Ottobre 2007, due mesi prima che il National Bureau of Economic Research statunitense definisse l'inizio della recessione economica. Il NBER definisce la recessione come iniziata nel Dicembre 2007 e terminata nel Giugno 2009. È importante notare che queste date sono state annunciate solo nel Dicembre 2008 per l'inizio della recessione, un anno dopo averne determinato l'inizio, e nel Settembre 2010 per la fine della recessione, più di un anno dopo averne determinato la fine. Anche le date non sono determinate in modo puramente quantitativo, sono determinate dal Business Cycle Dating Committee. Questo è un chiaro esempio della natura ritardata dei dati economici»
«Il tasso di disoccupazione statunitense è stato superiore al 9% dal Maggio 2009 e ha raggiunto un picco del 10% nell'Ottobre 2009. Il PIL reale ha raggiunto il punto più basso della recessione nel secondo trimestre del 2009. Ricordiamo che la decisione della commissione di dichiarare la fine della recessione è stata presa solo nel settembre 2010. Dato che i dati economici hanno continuato a peggiorare per tutto il 2009, non era ovvio che le cose stessero migliorando. Con tutti questi dati economici negativi che continuano a venire alla luce, sembrerebbe che questo sia un brutto momento per possedere azioni. Ma non è stato così. Oggi sappiamo che il mercato azionario ha toccato il fondo nel Febbraio 2009 e poi ha iniziato un forte rimbalzo. Non dimentichiamoci che per mesi dopo il fondo del mercato azionario, noto solo a posteriori, i dati economici non hanno fatto che peggiorare. Nonostante il peggioramento dei dati economici, il mercato azionario statunitense è aumentato del 56% da Marzo a Dicembre 2009. E da lì in poi ha continuato una corsa storica»
Predicting economic activity does not mean market timing
«Why did the stock market start to recover so quickly and aggressively in the face of dismal economic data? Very simply, the markets had expected the economic data to be even worse. The bad news was better than what the market had already priced in. I'll borrow a quote from Warren Buffet here. "If you knew what was going to happen in the economy, you still wouldn't necessarily know what was going to happen in the stock market." A more academic example comes from the 2018 paper "Inverted Yield Curves and Expected Stock Returns" by Eugene Fama and Ken French. They acknowledged in the paper that there is strong empirical evidence suggesting that inverted yield curves tend to forecast economic activity. But like Buffett said, that may not tell us much about what's going to happen in the stock market. To test this, they built an active market timing model that shifts out of stocks and into treasuries based on a yield curve inversions. Based on their analysis Fama and French conclude. "We find no evidence that yield curve inversions can help investors avoid poor stock returns." They go on to explain the simplest interpretation of the negative active premium we observe is that yield curves do not forecast the equity premium. Well, the yield curve may be pretty good at forecasting economic activity. The ability to forecast economic activity does not translate to the ability to make stock market timing decisions»
«Short-term it should not be a surprise when bad economic data are met with strong positive stock market returns. I'm not saying that it can't go the other way. If bad economic news is worse than expected or good news is not as good as expected, the market can drop. But the point is that the relationship between the stock market and the economy has little to do with what is happening in the economy and a lot to do with what is happening in the economy relative to what was expected to be happening. But what about the long-term? What would happen if there is a decline in GDP and a long, slow economic recovery? In normal times, a rapidly growing economy like China would be expected to have a higher GDP growth rate than a developed economy like Canada or the United States. Big economic events like a countrywide quarantine, for example, are expected to have a meaningfully negative impact on GDP. Intuitively it seems obvious that a country exhibiting stronger GDP growth would be well-positioned to deliver higher stock returns, and lower GDP growth would lead to lower stock returns. Intuition does not mix well with investing»
Prevedere l'attività economica non significa timing di mercato
«Perché il mercato azionario ha iniziato a recuperare in modo così rapido e aggressivo a fronte di dati economici negativi? Molto semplicemente, i mercati si aspettavano che i dati economici fossero ancora peggiori. Le cattive notizie erano migliori di quelle che il mercato aveva già previsto. Prendo in prestito una citazione di Warren Buffet. "Se si sapesse cosa sta per accadere nell'economia, non si saprebbe comunque necessariamente cosa sta per accadere nel mercato azionario". Un esempio più accademico viene dall'articolo del 2018 "Inverted Yield Curves and Expected Stock Returns" di Eugene Fama e Ken French. Nel documento i due autori riconoscono che esiste una forte evidenza empirica che suggerisce che le curve dei rendimenti invertite tendono a prevedere l'attività economica. Ma, come ha detto Buffett, questo potrebbe non dirci molto su ciò che accadrà nel mercato azionario. Per verificarlo, hanno costruito un modello di market timing attivo che si sposta dalle azioni ai titoli di Stato in base all'inversione della curva dei rendimenti. Sulla base della loro analisi, Fama e French concludono che. "Non troviamo alcuna prova che le inversioni della curva dei rendimenti possano aiutare gli investitori a evitare i cattivi rendimenti azionari". Spiegano poi che l'interpretazione più semplice del premio attivo negativo che osserviamo è che le curve dei rendimenti non prevedono il premio azionario. Ebbene, la curva dei rendimenti può essere piuttosto buona nel prevedere l'attività economica. La capacità di prevedere l'attività economica non si traduce nella capacità di prendere decisioni di timing sul mercato azionario»
«Nel breve termine non dovrebbe essere una sorpresa quando a dati economici negativi corrispondono forti rendimenti positivi del mercato azionario. Non sto dicendo che non possa accadere il contrario. Se le cattive notizie economiche sono peggiori del previsto o le buone notizie non sono così buone come previsto, il mercato può scendere. Ma il punto è che la relazione tra il mercato azionario e l'economia ha poco a che fare con ciò che sta accadendo nell'economia e molto a che fare con ciò che sta accadendo nell'economia rispetto a ciò che ci si aspettava che accadesse. Ma che dire del lungo termine? Cosa succederebbe se si verificasse un calo del PIL e una lunga e lenta ripresa economica? In tempi normali, un'economia in rapida crescita come la Cina dovrebbe avere un tasso di crescita del PIL superiore a quello di un'economia sviluppata come il Canada o gli Stati Uniti. Grandi eventi economici come una quarantena in tutto il Paese, ad esempio, dovrebbero avere un impatto significativamente negativo sul PIL. Intuitivamente sembra ovvio che un Paese con una crescita del PIL più sostenuta sia ben posizionato per offrire rendimenti azionari più elevati, mentre una crescita del PIL più bassa porterebbe a rendimenti azionari più bassi. L'intuizione non si sposa bene con gli investimenti»
Efficient market hypothesis
«In a 2012 paper titled "Is Economic Growth Good for Investors?" Jay Ritter examined the relationship between GDP growth and stock returns. He argued on both theoretical and empirical grounds that economic growth does not benefit stockholders. Ritter showed for 19 mostly developed market countries from 1900 through 2011, that the cross-sectional correlation between the compounded real return on stocks and the compounded real growth rate of per capita GDP was negative 0.39. Ritter also looked at a sample of 15 emerging market countries for the 14 year period from 1988 through 2011, including Brazil, Russia, India, and China. And he found a similarly negative correlation of negative 0.41. This evidence suggests that countries with stronger economic growth have historically had lower stock market returns. That may be counter-intuitive on the surface but it will quickly make sense once we get into the details»
«One of the main theoretical explanations for the negative relationship between market returns and economic growth is similar to what we just discussed for short term economic data. In an efficient market, investors tend to build expectations into prices. Paying a high price for expected growth should only lead to high stock returns if realized growth ends up being higher than expected. If economic growth happens in line with prior expectations, there wouldn't be a boost to stock returns. Based on the data showing a negative correlation between stock returns and economic growth, it could even be argued that investors have historically overpaid for expected growth resulting in disappointing investment returns. This could be one reason for the low returns on Chinese stocks despite their massive economic growth»
Ipotesi di mercato efficiente
«In un articolo del 2012 intitolato "La crescita economica è un bene per gli investitori?" Jay Ritter ha esaminato la relazione tra crescita del PIL e rendimenti azionari. Ha sostenuto, su basi sia teoriche che empiriche, che la crescita economica non porta benefici agli azionisti. Ritter ha dimostrato, per 19 Paesi del mercato prevalentemente sviluppato dal 1900 al 2011, che la correlazione trasversale tra il rendimento reale composto delle azioni e il tasso di crescita reale composto del PIL pro capite è negativa di 0,39. Ritter ha anche analizzato un campione di 15 Paesi dei mercati emergenti per un periodo di 14 anni dal 1988 al 2011, tra cui Brasile, Russia, India e Cina. E ha riscontrato una correlazione altrettanto negativa, pari a 0,41. Questa evidenza suggerisce che i Paesi con una crescita economica più forte hanno storicamente avuto rendimenti di borsa più bassi. Questo può essere controintuitivo in apparenza, ma avrà rapidamente senso una volta entrati nei dettagli»
«Una delle principali spiegazioni teoriche della relazione negativa tra rendimenti di mercato e crescita economica è simile a quella appena discussa per i dati economici a breve termine. In un mercato efficiente, gli investitori tendono a incorporare le aspettative nei prezzi. Pagare un prezzo elevato per la crescita attesa dovrebbe portare a rendimenti azionari elevati solo se la crescita realizzata finisce per essere superiore a quella prevista. Se la crescita economica fosse in linea con le aspettative precedenti, non ci sarebbe una spinta ai rendimenti azionari. Sulla base dei dati che mostrano una correlazione negativa tra i rendimenti azionari e la crescita economica, si potrebbe addirittura sostenere che gli investitori abbiano storicamente pagato troppo per la crescita attesa, con conseguenti rendimenti deludenti. Questo potrebbe essere uno dei motivi dei bassi rendimenti dei titoli cinesi nonostante la loro massiccia crescita economica»
War is an accelerator for the economy (based on data)
«Another big reason for the negative relationship between economic growth and stock returns is less theoretical and more structural. It was described as slippage in a 2003 paper by Robert Arnott and William Bernstein titled "Earnings Growth: The Two Percent Dilution." They described slippage as the shortfall between economic growth and growth in earnings per share. They showed that GDP and corporate earnings have been directly related going back to 1929 with aggregate corporate earnings making up a constant eight to 10% of GDP. But growth in aggregate corporate earnings does not directly benefit investors. It is increases in earnings per share that benefits investors. The problem here is that per share earnings growth can only keep up with GDP growth if no new shares are issued. Let me explain. If you own shares in a company in a rapidly growing economy and a new company listed shares on the stock exchange, you don't benefit from the new companies economic impact. You would need to reallocate some of your capital to the new company to participate in its earnings. But doing so does not increase the value of your portfolio. The economy is growing but your portfolio has not»
«Over time the effect of this slippage have been meaningful. China might again be a good example. Much of the growth in the market value of Chinese equities has come from an increase in the number of listed companies as opposed to price appreciation from existing listed companies. Based on the slippage effect, it is easy to see why Chinese stock returns could be relatively poor despite huge growth in their total market capitalization. We would expect the slippage effect to be more pronounced in a country going through rapid economic development. Arnott and Bernstein gave the example of war-torn and non war-torn countries from 1900 through 2000. They show that well, war-torn countries had their economies devastated by war within little more than a generation their GDP caught up with and in some cases surpassed the GDP of non war-torn countries. But here's the interesting part. The war-torn countries stock market growth trailed their economic growth by nearly twice as much as the non war-torn countries. The explanation for higher slippage is that war-torn countries had to go through a high rate of equity recapitalization. New companies needed to form and existing companies needed to raise new capital diluting the benefits of economic growth for existing shareholders. Higher growth economies will see more companies raising more capital which is great for the economy but doesn't translate directly to returns for existing stock holders»
La guerra è un acceleratore per l'economia (in base ai dati)
«Un'altra importante ragione della relazione negativa tra crescita economica e rendimenti azionari è meno teorica e più strutturale. È stata descritta come slittamento in un articolo del 2003 di Robert Arnott e William Bernstein intitolato "Earnings Growth: The Two Percent Dilution". I due autori hanno descritto lo slittamento come il divario tra la crescita economica e la crescita degli utili per azione. Hanno dimostrato che il PIL e gli utili societari sono stati direttamente correlati a partire dal 1929 e che gli utili societari aggregati rappresentano costantemente l'8-10% del PIL. Ma la crescita degli utili societari aggregati non porta benefici diretti agli investitori. È l'aumento degli utili per azione che avvantaggia gli investitori. Il problema è che la crescita degli utili per azione può tenere il passo con la crescita del PIL solo se non vengono emesse nuove azioni. Mi spiego meglio. Se possedete azioni di una società in un'economia in rapida crescita e una nuova società ne quota le azioni in borsa, non beneficiate dell'impatto economico della nuova società. Dovreste riallocare parte del vostro capitale nella nuova società per partecipare ai suoi guadagni. Ma questo non aumenta il valore del vostro portafoglio. L'economia cresce, ma il vostro portafoglio no»
«Nel tempo gli effetti di questo slittamento sono stati significativi. La Cina potrebbe essere un altro buon esempio. Gran parte della crescita del valore di mercato delle azioni cinesi è derivata dall'aumento del numero di società quotate in borsa e non dall'apprezzamento dei prezzi delle società già quotate. Sulla base dell'effetto di slittamento, è facile capire perché i rendimenti delle azioni cinesi possano essere relativamente scarsi nonostante l'enorme crescita della loro capitalizzazione di mercato totale. Ci aspetteremmo che l'effetto di slittamento sia più pronunciato in un Paese in fase di rapido sviluppo economico. Arnott e Bernstein hanno fatto l'esempio dei Paesi devastati dalla guerra e di quelli non devastati dalla guerra dal 1900 al 2000. Essi dimostrano che i Paesi devastati dalla guerra hanno raggiunto e in alcuni casi superato il PIL dei Paesi non devastati dalla guerra nel giro di poco più di una generazione. Ma ecco la parte interessante. La crescita del mercato azionario dei Paesi devastati dalla guerra ha seguito la loro crescita economica di quasi il doppio rispetto ai Paesi non devastati dalla guerra. La spiegazione del maggiore slittamento è che i Paesi devastati dalla guerra hanno dovuto affrontare un alto tasso di ricapitalizzazione. È stato necessario formare nuove società e le società esistenti hanno dovuto raccogliere nuovi capitali, diluendo i benefici della crescita economica per gli azionisti esistenti. Le economie a più alta crescita vedranno un maggior numero di aziende che raccolgono più capitale, il che è ottimo per l'economia, ma non si traduce direttamente in rendimenti per gli azionisti esistenti»
Conclusions
«It should be clear at this point that economic outcomes whether in the short-term or the long-term do not translate directly to stock market returns. In the short-term stock price changes are driven by expectations about the future. In times of volatility those expectations can change quickly based on new information, but it cannot be known ahead of time. How new information will relate to the markets current expectations. Record breaking jobless numbers are bad economic data but they will not drive down stock prices unless the market was expecting better data. In the long-term, investing in faster growing economies has not proven to be a successful strategy. In fact, historically the opposite has been true. Which is possibly explained by the market pricing in or even overestimating economic growth. And by slippage from earnings dilution due to new share issuance»
«Paying attention to economic data might be interesting for some people. And it might even be a little bit useful from the perspective of understanding what's going on in the world. For investors though, economic data should not play a role in informing investment decisions. If economic data makes it hard to stick with a well thought out long-term investment plan, it might be best to ignore it altogether. Thanks for watching. My name is Ben Felix of PWL Capital and this is Common Sense Investing.»
Conclusioni
«A questo punto dovrebbe essere chiaro che i risultati economici, sia a breve che a lungo termine, non si traducono direttamente in rendimenti del mercato azionario. Nel breve periodo le variazioni dei prezzi delle azioni sono determinate dalle aspettative sul futuro. In periodi di volatilità, tali aspettative possono cambiare rapidamente sulla base di nuove informazioni, che però non possono essere conosciute in anticipo. Come le nuove informazioni si rapporteranno alle aspettative attuali del mercato. Un numero record di disoccupati è un dato economico negativo, ma non farà scendere i prezzi delle azioni, a meno che il mercato non si aspettasse dati migliori. Nel lungo periodo, investire in economie a crescita più rapida non si è rivelata una strategia di successo. Anzi, storicamente è vero il contrario. Il che si spiega forse con il fatto che il mercato ha prezzato o addirittura sovrastimato la crescita economica. E dalla diluizione degli utili dovuta all'emissione di nuove azioni»
«Prestare attenzione ai dati economici potrebbe essere interessante per alcuni. E potrebbe anche essere un po' utile dal punto di vista della comprensione di ciò che sta accadendo nel mondo. Per gli investitori, tuttavia, i dati economici non dovrebbero avere un ruolo determinante nelle decisioni di investimento. Se i dati economici rendono difficile attenersi a un piano di investimento a lungo termine ben studiato, sarebbe meglio ignorarli del tutto. Grazie per averci seguito. Sono Ben Felix di PWL Capital e questo è Common Sense Investing.»